LA LEGGENDA

Il lago

Il lago o mare Gerundo (o Gerondo) si suppone fosse un vasto specchio d’acqua stagnante, a regime instabile, situato in Lombardia a cavallo dei letti dei fiumi Adda e Serio. Al suo interno ospitava un’isola abitata che pare corrispondere oggi alla zona occupata dalla città di Crema.

Le fonti storiche antiche non ne danno alcuna descrizione. Il lago, infatti, è conosciuto più grazia alla tradizione orale.

Si chiamava Gerundo. Si estendeva per circa duecento chilometri quadrati e si è prosciugato definitivamente attorno all’Anno Mille, ridotto a qualche sparuta palude. Oggi di quell’antico e a tratti leggendario lago restano tracce nella toponomastica della zona. Il termine «gera», che significa ghiaia, è infatti presente in molti nomi di paesi e strade. Ma anche nella geografia del territorio: in alcuni paesi come Pontirolo, Treviglio, Casirate e Arzago, è ancora ben visibile la «sponda» del lago che non c’è più.

Il mito

In un mito ormai perso nella notte dei tempi, si narrava che verso l’anno 1100 d.C a Milano esisteva un vasto lago con all’interno una creatura spaventosa, molto simile a un drago. Il suo nome era Tarantasio. Il lago, detto Gerundo o Geroso, era situato nell’attuale zona di Lodi, nell’area compresa tra Brembate e fin quasi Cremona. Residui di questo leggendario lago sarebbero stati prosciugati attorno all’anno Mille, nel corso di una bonifica fatta da monaci di quella che ormai era diventata una zona acquitrinosa e pericolosa per la salute.

Alcune fonti popolari attribuiscono il gesto eroico a San Cristoforo o a Federico Barbarossa, che avrebbero sconfitto il drago e poi bonificato il lago.

Altre leggende ancora indicano San Giorgio come il vero uccisiore del drago. A seguito di tre giorni di processioni, preghiere e suppliche al Signore ottenne la grazia.

Il lago si prosciugò e fu ritrovata la carcassa del drago morto, incastonato in una Chiesa.

Ciò che è certo è che il lago è esistito veramente ed era sicuramente abitato. Documenti storici dimostrano infatti che era una zona particolarmente idonea alla pesca.

Il fatto più curioso è che attorno alla figura di questo drago si è sviluppata la nascita della città di Milano.

Tarantasio

Pare infatti che Tarantasio fosse una “viverna”, cioè a dire, nella classificazione operata dal naturalista cinquecentesco Ulisse Aldrovandi, un particolare tipo di drago a forma di serpente con due zampe e due piccole ali.

E’ sicuro che, come tutti i draghi, egli considerava gli esseri umani le proprie prede preferite, aspettando ogni occasione propizia per uscire dall’acqua e compiere le sue temute scorrerie catturandone qualcuno.
Va anche detto, a questo proposito, che i draghi sono dei predatori un po’ particolari, visto che quando cacciano, la loro attenzione è attirata in particolare dai bambini.
È verosimile che essi li preferiscano agli adulti perché più vulnerabili, oppure più probabilmente, perché sanno che una volta cresciuti, questi potrebbero trasformarsi da prede in cacciatori e divenire perciò un ostacolo per la propria attività ed un pericolo per la propria esistenza.

La nascita delle casate

Esistono molte leggende e una di queste ci parla di un cavaliere, Umberto Visconti. Era capostipite di un’importante famiglia milanese. Egli si offrì per liberare la città e i suoi dintorni dall’incubo del mostro.
Sconfitto il drago Umberto scelse l’immagine di questo nell’atto di divorare un bambino come simbolo della propria casata, rimasta poi per lungo tempo dominante ai tempi della Milano feudale.

Non manca nemmeno il nome di Federico I, detto Il Barbarossa, fra quelli dei presunti responsabili dell’eliminazione del mostro, che poi provvide a far identificare Tarantasio con un leone raffigurato sullo stemma della propria casata.